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«Sudiamo nei campi, ma non rubiamo lavoro». Mosi e Sadiki, tratti della loro esperienza tarantina.

  • comunicazione283
  • 19 ott 2017
  • Tempo di lettura: 2 min


«Non vogliamo elemosine»


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Manifattura, costruzioni, servizi, mercati, lavori domestici e nei campi. Sono alcuni fra i settori nei quali sono spesso impegnati extracomunitari in fuga da violenza e miseria. Come in ogni cosa, esistono approcci diversi con un Paese straniero e le regole di un vivere civile, decoroso per quanto talvolta possa essere complicato. Tanto per gli italiani, in questo caso, quanto per chi arriva dopo un lungo viaggio disperato e di speranza dall’Africa.

Su una cosa, Mosi, però, non transige e non la manda a dire. «Non mi piace stare davanti a supermercati e bar con il cappellino in mano a chiedere spiccioli alla gente che entra ed esce da quelle attività: i soldi, pochi o molti che siano, preferisco sudarmeli». Sudare, un verbo che spendono spesso nei loro ragionamenti i ragazzi ospitati nei Centri di accoglienza straordinaria.

Sadiki, due anni in Italia, come il suo amico non usa giri di parole. Fosse un calciatore si direbbe “entra a gamba tesa”, evidentemente sul tema del quale si parla ogni giorno a Taranto: neri e lavoro. «Siamo E i commenti, nei bar, per quelli che hanno più tempo da spendere davanti a una tazzina di caffè, sono anche più forti. Sadiki, conferma. «Sentito con le mie orecchie:

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Detto dell’offesa nei confronti di un ragazzo che non sarebbe sciaguratamente considerato “degno” solo per il colore di pelle, e di una ragazza che ha tutto il diritto di tenere stretto per mano chiunque voglia, circoscriviamo le considerazioni al solo lavoro.

In un’altra rubrica del sito (“brevi”) riprendiamo percentuali che sfatano il mito del posto di lavoro “rubato”. Raccontato uno studio dell’Inps, non una società incaricata da quotidiani o periodici, radio o tv. Torniamo un attimo a Mosi.  Parla a ruota libera. Un italiano approssimativo, comunque comprensibile. Rappresenta l’idea con l’ausilio delle mani. Sorride. 

Facciamo autocritica, vero: se ai tarantini, come agli “italiani in genere”, per dirla con lo stesso Mosi, fosse impedito l’uso delle mani per dare massa critica a un qualsiasi discorso, sarebbe una sofferenza indescrivibile.  “i ragazzi nostri –– non vogliono lavorare, preferiscono starsene a casa, raccontare ai genitori che lontano da qui è meglio: quelli convinti partono e tornano; altri, che non la raccontano tutta, dicono lo stesso ma danno colpa agli altri e nel frattempo continuano a farsi mantenere dai genitori”

Anche Sadiki insiste sul cappellino fuori del supermercato. Aggiunge un risvolto. Hanno ancora una manciata di secondi, Mosi e

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Sadiki. , s’interrompe Mosi. Sadiki prosegue. 

 
 
 

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