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<strong>Un’altra guerra!</strong>

  • comunicazione283
  • 11 ott 2023
  • Tempo di lettura: 3 min


Bocche di fuoco provocano migliaia di vittime fra i civili. Sparare, offendere, uccidere sembra sia l’unico modo per “spiegarsi” al nemico. Ancora vivo e drammatico il conflitto fra Russia e Ucraina, ecco un altro braccio di ferro insanguinato. Le agenzie non smettono di aggiornare, i giornali locali informano, spiega, fanno “parlare” i corregionali. Salentini rientrati con un volo militare

Non se ne esce più. Una guerra tira l’altra. Le bocche di fuoco che provocano, a migliaia, vittime fra i civili sembra siano ormai le uniche ad essere deputate a “spiegarsi” al nemico. Ancora vivo e drammatico il conflitto fra Russia e Ucraina, che ha perso ben novantamila uomini, numero preoccupante considerando la forza militare dello Stato governato da Zelensky.

Ecco il secondo conflitto, fra Israele e Palestina. Maturato sul finire della scorsa settimana. Era nell’aria, dicono gli esperti. Domanda dell’uomo della strada: possibile che nessuno abbia fatto qualcosa per evitare questo scontro frontale? Evidentemente, secondo qualcuno, doveva andare così. E se i governi non intervengono a far ragionare i due governi in conflitto, ecco che arriva stridente l’intervento di Biden, il presidente degli Stati Uniti che, invece di gettare acqua sul fuoco, suggerire un tavolo di trattative, si lascia andare ad un secco: “Saremo al fianco dell’esercito di Israele al quale non faremo mancare il nostro sostegno!”. Ecco, non acqua, ma benzina sul fuoco. Conta il principio, non gli esseri umani in fuga, fra questi donne e bambini. Presi in ostaggio, usati come scudi umani.

UN BRUTTO AFFARE

E’ un brutto affare, scriveva l’agenzia Ansa giorni fa. “A testimoniare la forza dello scontro in atto parlano le cifre: in Israele le vittime dei raid di Hamas, comprese quelle del terribile massacro del rave party israeliano alla frontiera, sono arrivate ad oltre 700; dei circa 2.500 feriti, molti sono gravi, e all’appello mancano ancora in centinaia: Tel Aviv e Gerusalemme appaiano città fantasma, con la popolazione barricata in casa dopo la pioggia di razzi di sabato scorso”.

L’Israele appare un Paese che sta chiudendo. Le compagnie aeree stanno cancellando i voli “da” e “per” l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Molti turisti, non solo italiani, sono rimasti bloccati. Sull’altro versante, parliamo di Gaza, i morti sotto gli attacchi dell’aviazione israeliana sono arrivati ad oltre i quattrocento tra civili e miliziani, con duemilatrecento feriti. Secondo un portavoce militare, a 48 ore dall’attacco, le forze di Hamas resterebbero ancora in territorio israeliano.

I social sono stati seppelliti da richieste di aiuto. Immediata la reazione di Netanyahu che ha nominato un generale in pensione “coordinatore per i prigionieri e i dispersi”. Il compito del militare è quello di occuparsi della vicenda con pieni poteri, mentre l’esercito ha creato una Unità di crisi per cercare di rintracciarli. Complicato reagire, accennare una minima mossa quando in ballo ci sono oltre cento ostaggi in mano nemica.

UN APPELLO “PUGLIESE”

Fino a poche ore fa erano in molti i pugliesi ad attendere risposte certe dalla Farnesina, l’Unità di crisi attiva per soccorrere in caso di necessità gli italiani presenti nelle zone nevralgiche della guerra. Non è un mistero che anche in Italia siano salite tensione e preoccupazione. Tanti fino a poche ore fa erano gli italiani bloccati nell’aeroporto di Tel Aviv, in attesa di voli che li riconducessero in Italia. Tra i tanti, l’appello di un gruppo di pugliesi che arrivano dal Salento. Ne scrive la Gazzetta del Mezzogiorno, che aggiorna attraverso il suo sito – non solo sul cartaceo – le notizie provenienti dalle zone calde con particolare attenzione rivolta ai propri corregionali. Raccogliendo le segnalazioni di molti pugliesi, il quotidiano con sede a Bari, riportava le perplessità dei propri lettori che si ponevano più di una domanda. A cominciare dal “perché altri Paesi, come la Polonia, stanno rimpatriando i propri connazionali e pare che non accada lo stesso per l’Italia?”. Mentre, in tempo reale, si cerca di fornire risposte a riflessioni sacrosante, ecco che arriva una buona notizia: quattro salentini sono ripartiti per casa con un aereo militare con scalo a Milano.

«PERCHE’ GLI ALTRI SI’…?»

Arrivano, dunque le prime risposte da parte del governo. Fino ad un paio di giorni fa, ripetiamo, gli interventi dei corregionali non erano accondiscendenti, la tensione la faceva da padrona. «Ci sentiamo abbandonati – scrivevano sui social – l’Italia venga a prenderci con un volo di Stato come sta facendo la Polonia; qui la situazione è terribile, con le bombe sulle nostre teste». A parlare è uno dei pugliesi in vacanza con altri tre italiani quando è scoppiata la guerra.

La Gazzetta riporta ancora. «Siamo in aeroporto ma stiamo andando via, l’ammassarsi di gente è inverosimile, ci saranno più di tremila persone nelle varie hall dell’aeroporto». La situazione è pericolosissima.  «Qui, in aeroporto – conclude il turista pugliese – potrebbe entrare un pazzo e compiere un disastro, non esistono controlli serrati in aeroporto, chiunque potrebbe superare i servizi di sorveglianza e far saltare il banco!».

 
 
 

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