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<strong>«Torno, ma non è una sconfitta»</strong>

  • comunicazione283
  • 11 apr
  • Tempo di lettura: 3 min


«Dipendente alla Maserati con milleseicento euro al mese, in tasca non mi restava più nulla», racconta. «Così ho fatto le valigie, ci ho rimesso dentro anche i miei sogni e via, senza rimpianti».  Riconoscente agli emiliani, «tornare a stare vicino ai propri cari non ha prezzo»

«Tornare indietro può sembrare una sconfitta, magari per qualcuno lo è, ma alla fine tornare a casa propria, comunque sui propri passi, è riconfigurare una scelta di vita». Non è un pensiero di Sabino, lui sì che è un ragazzo coraggioso e a breve ne racconteremo a larghi tratti la sua “scelta di vita”, ma è una canzone – chiamiamola così – che in questi anni stiamo ascoltando troppo spesso fino ad assumere il tono di un imbarazzante tormentone. Sono in molti gli uomini, i ragazzi del Sud, a tornare sui propri passi. I più maturi, pensionati, i sopravvissuti al monoreddito, compiono quasi una scelta obbligata; i più giovani, hanno provato a imprimere una svolta, studiando e “mantenendosi”, ma è stata dura: i ritmi sono diventati insostenibili, quei pochi soldi guadagnati in lavori part-time o a tempo pieno, non sono sufficienti per fare una cosa e l’altra: lavorare e studiare.

E una volta finito lo studio, quella laurea che “giù” non poteva conseguire, vale “su”? Bel dilemma. Così stiamo assistendo sempre più a un doloroso ritorno a casa. La Puglia, in particolare, e per fortuna, sta diventando la meta più invitante dei turisti. Prima solo in estate, adesso anche in primavera, in autunno. Al resto, a uno studio sostenibile anche stando a casa, non ci pensa più nessuno. «Partono i cervelloni, perdere un pezzo di intelletto ci indebolisce, non ci permettere di crescere», dice con tono dimesso chi vede partire i propri figli all’estero.

IL SOGNO NON ABITA QUI

«Mio figlio, un elettricista, di quelli in gamba, è partito per il Canada, nel giro di un paio di anni è diventato un manager, l’azienda per cui lavora non può più fare a meno di lui: è legato all’Italia, può lavorare in remoto, così ha preso casa a Roma e sta sei mesi in Canada, sei mesi in Italia: non “scende” spesso in Puglia, ma se vogliamo vederlo possiamo anche raggiungerlo nella capitale, quattro ore di auto…». Questo un papà, rassegnato. Tutto sommato soddisfatto che il figlio, almeno, non abbia da raccontare una sconfitta, una cocente delusione. Insomma, per un genitore, sapere “sistemato” il proprio figlio tutto sommato può essere una consolazione.

C’è poi chi, invece, come Sabino, torna. La sua è stata una decisione elaborata, rimuginata, rimescolata ben bene e, alla fine, da quel ragazzo sveglio che è – è un ingegnere, “chapeau”! – ha preso la sua scelta. Non “dolorosa”, perché con milleseicento euro al mese di stipendio, in Emilia Romagna, come puoi mettere su famiglia? Se fai un mutuo, non puoi mangiare e, ad oggi, fino a prova contraria quello di mangiare è un vizio difficile da farsi passare.

Sabino, dunque. La sua storia, raccontata dal Corriere del Mezzogiorno, “dorso” del Corriere della sera, e ripresa dal free-press Leggo, è di un ritorno a casa. Ci fossero state le condizioni per restare incollato a un sogno, sarebbe rimasto in Emilia. Adesso è qui, parla senza reticenze della sua decisione.

PROGETTI ADDIO

«Ringrazio l’Emilia Romagna, pensavo che il mio futuro professionale potessi scriverlo qui, invece no…». Trentadue anni, originario di Canosa di Puglia, dopo anni tra Bologna, Modena e Maranello, ha deciso di tornare a casa. Troppo alto il costo della vita, vanno bene i sacrifici, ma quando alla distanza ti accorgi che fra le mani non ti restano nemmeno le briciole, allora prendi una decisione.

«Lavoravo come infermiere in Inghilterra – riporta la Redazione web del Corriere del Mezzogiorno – millesettecento euro a settimana, corsi pagati e un aiuto per l’affitto, ma sono tornato a Bologna…». Laureato in Ingegneria Elettrica al Politecnico di Bari, percorso di studi completato nel capoluogo emiliano, ha compiuto i primi passi nel mondo dell’automotive elettrico.

LA FERRARI, DI CORSA A CASA

Prima l’approdo alla Ferrari, a Maranello (Modena), poi alla Maserati di Modena come project manager energy. «Progettare le componenti per i primi veicoli elettrici Maserati mi sembrava un sogno». Un sogno che faceva a cazzotti con la busta-paga. «Milleseicento euro, 750 solo per l’affitto, più le spese, mi restava ben poco per vivere».

Nel 2021, un’offerta da Enel X, settore della mobilità elettrica, sede a Roma, ma il lavoro da remoto gli consente di trasferirsi a Canosa, respirare aria di casa e ridurre i costi. Gennaio 2025, l’occasione: il trasferimento definitivo a Bari, negli uffici di viale Capruzzi, Sabino prende casa a Molfetta. «Venti minuti di treno e sono al lavoro: solo chi ha vissuto al Centro-Nord può capire i costi altissimi da affrontare», dice Sabino. Nessun rimpianto, solo gratitudine. «Ho sempre amato il sole e il calore della Puglia, ora l’ho rivalutata ancora di più; poi, essere vicino ai propri cari non ha prezzo».

 
 
 

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