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In Calabria i bar invitano i clienti a non offrire colazione

  • Claudio Frascella
  • 10 set
  • Tempo di lettura: 4 min

«Qui non si scrocca!»


«Da una media di poco superiore ai due euro, si passa talvolta a dodici!». Qualcuno non è d’accordo al cartello che impedisce il gesto libero. E in Emilia c’è, invece, un obbligo. Il cliente deve lasciare la mancia al personale. «Il governo dovrebbe intervenire, vorrei si aprisse un confronto con lo Stato così come non è mai stato fatto»


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“Caffè, vietato offrire”. Non è un consiglio, ma un invito. E nemmeno tanto sobrio, del resto i calabresi sono prìncipi dell’ospitalità, ma altrettanto intransigenti quando assumono una posizione. E un motivo ci sarà. E questo è uno dei temi segnalati dal sito “C Network”, dove “C” sta per Calabria, perché quanto registrato dalla collega Cristina Iannuzzi è accaduto nella provincia di Vibo Valenzia.

E questo è uno dei temi. Secondo. La curiosità scaturisce da una intervista rilasciata da un operatore al sito fanpage.it, curato fra gli altri, ancora da una giornalista, Gabriella Mazzeo, anche lei brillante, acuta nello svolgere insieme con l’intervistato un “botta e risposta” mai banale. Qual è il tema che stavolta sbuca sempre da un locale, il primo esercizio, il secondo un ristorante. Bene: “Mancia obbligatoria per salvare camerieri e chef”, una proposta che fa un ristoratore di Bologna.

 

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VIETATO OFFRIRE

Parliamo innanzitutto, del locale nel quale «è vietato offrire». Un cartello scritto a chiare lettere ed esposto a vista sul bancone di un noto bar-pasticceria della provincia di Vibo Valentia. Sembra non sia un caso isolato. Sarebbero diversi già i bar del Vibonese dove i vari titolari di esercizi commerciali, accolgono la loro clientela Che mostra una certa perplessità. I primi con curiosità e sorriso; il secondo, quasi di compiacimento. Perché, pare, che qualche cliente, questo insolito “invito”, lo abbia accolto con un certo sospiro di sollievo, quasi a sottolineare che il problema del “caffè a scrocco” pare ci fosse proprio e, anzi, stava piano piano contagiando qualche furbacchione.

Il “divieto” sarebbe imposto, spiega la giornalista, che ha sentito più di un esercente disposto a spiegare cosa li ha condotti ad assumere una restrizione simile a protezione di chi si sentirebbe “obbligato” ad offrire la consumazione di amici o conoscenti presenti nel locale. Da queste parti, parliamo della Calabria, ma anche dei bar pugliesi, siciliani, lucani, campani – dove è abitudine conclamata – per rispettare un’antica usanza di favore e rispetto, si è passati da un semplice gesto di cortesia a qualcosa che somiglia più a un obbligo e, per questo, sopportato sì, ma con disappunto.


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«SI STANNO ABITUANDO»

In un bar di questi spiegano che questa richiesta vale da tempo immemore. «Qualcuno farebbe resistenza ma noi siamo intransigenti; il motivo è presto detto: nei piccoli centri ci conosciamo, così se per una semplice colazione, cappuccino e cornetto, un singolo cliente spende 2,50euro, per un gesto di cavalleria per i presenti la “spesa” sale anche a 12,00 euro». Anche se qualcuno insistesse. «Niente da fare, siamo intransigenti: qualcuno ci ha provato, ma noi siamo stati inflessibili e i clienti si sono abituati a questo nuovo modo di pensare».

E veniamo alla “Mancia obbligatoria per salvare camerieri e chef”. L’input arriva da un altro capo dell’Italia: Bologna. Il restaurant-manager di un noto locale del capoluogo emiliano, ha rivelato al quotidiano online fanpage.it della sua proposta: rendere la mancia obbligatoria nei ristoranti per sostenere gli stipendi dei lavoratori. «È un intervento – dichiara – veloce per tamponare la situazione critica delle retribuzioni nei ristoranti: un sistema per sollevare da responsabilità il titolare? Nel mondo la mancia è già obbligatoria, le tasse in Italia sono troppo elevate e lo Stato non interviene».


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RISTORAZIONE, QUANTI PROBLEMI

Nel mondo della ristorazione i problemi sono tanti. Primi, nel lungo elenco, quelli legati ai contratti, spesso precari e inadeguati, e della retribuzione, spiega il direttore del ristorante. «I giovani passano la loro vita in cucina e tra i tavoli del ristorante; sedici ore al giorno di lavoro per che cosa? È più probabile essere colpiti da un asteroide che diventare il nuovo Carlo Cracco». «Inutile – prosegue – chiedere che intervenga su un contratto nazionale fermo agli Anni Settanta: esistono soluzioni per migliorare il mondo della ristorazione, va bene lamentarsi, ma bisogna anche proporre».

Infine, alla domanda del giornalista, che chiede se non pensa che la retribuzione debba essere una responsabilità di chi assume e non di chi usufruisce di un servizio, il restaurant-manager, ha un’altra risposta. «I datori di lavoro sono estremamente appesantiti dalle tasse, questo penso sia chiaro a tutti. Nei grandi ristoranti, che sono il mio ambito di esperienza come restaurant-manager, bisogna coprire due turni, uno a pranzo e uno a cena. Bisognerebbe assumere una doppia brigata, ma i costi sono elevatissimi. Non è facile sostenerli, si fa difficoltà anche con buste paga da 1800 euro. Il governo dovrebbe intervenire sulle tasse, ma in ogni caso i tempi sarebbero lunghi. A me piacerebbe che si aprisse un confronto con lo Stato così come non è mai stato fatto, ma sarebbe bello se a portare avanti le istanze della categoria fossero i lavoratori che entrano in cucina tutti i giorni».

 

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