Fabrizio fra diamanti e letame
- comunicazione283
- 20 gen 2019
- Tempo di lettura: 2 min
La forza del senso delle cose
Ci sono cose nella vita che rimangono dentro, fanno parte di te a prescindere dall’origine, dalla provenienza, dal tempo, dall’attualità o meno dell’essere diventate parte di te.
Sono quelle cose delle quali cogli il senso, il significato profondo, e lasciano un segno indelebile, una sorta di tatuaggio che riaffiora nei meccanismi di elaborazione dei pensieri, nei ricordi quasi sempre in maniera temporalmente decontestualizzata.
Sono cose che surclassano la dimensione temporale sulla base della forza del significato.
Ed è così che le assumono un carattere di marginalità tale da riportarti alla mente solo un evento, accaduto e rimosso, quasi fosse stato schiacciato dal peso della sostanza del messaggio, di ciò che ti ha lasciato e di cui continui a nutrirti.
Tentando una sintesi simbolica, è come un albero morto che continua a dare frutti.
Se non si fosse messa in moto la campagna mediatica mossa da un business celato, non avrei mai ricordato che Fabrizio De Andrè è morto venti anni fa perché, come tante altre cose significative, fa parte del mio quotidiano con la forza della sostanza del messaggio dei suoi testi, delle sue riflessioni, di parallelismi estremi ma di una realtà raggelante che non ti lasciano più.
Pensate alla cruda dolcezza che supporta la trasposizione di una verità: “!”.
Allora, anche la celebrazione assume per me un senso ma slegato dal vissuto di “”, dal suo modo di intendere la vita, dalle sue dipendenze o dalle sue debolezze che forgiano l’immagine del personaggio “da vendere” piuttosto che valorizzare i contenuti della sua opera.
E mi viene voglia di condividere la bellezza (ovviamente soggettiva) di alcuni passaggi significativi dei testi di De Andrè insieme ad alcune canzoni.
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