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Alessandro De Francesca, tarantino, ricorda lo stilista

  • Claudio Frascella
  • 12 set
  • Tempo di lettura: 5 min

Armani, classe unica

Claudio Frascella

«Ha voluto che io e la mia Elena ci sposassimo ad Antigua: detto-fatto», spiega l’artista, in arte Dj Flash, che ha fatto canzoni, radio e tv. Quindici anni ininterrotti di attività. «Scelto da lui stesso per il suo “Privé” di Milano e per l’inaugurazione a Dubai». «La bellezza del suo sorriso, il gioco a carte, Barry White, il mio vestito di nozze…»


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C’è un pezzetto della nostra Puglia, Taranto, che si incrocia con il mondo di Giorgio Armani, il grande, l’immenso stilista scomparso la scorsa settimana a novantuno anni. Oltre alla profonda amicizia che legava il più grande di tutti al biscegliese Leo Dell’Orco, anche un tarantino, Alessandro De Francesca, cinquantuno anni ottobre prossimo.

Parte per Milano, incontra produttori discografici e Re Giorgio, che lo vuole come dj resident dell’“Armani Privé” di Milano. Quindici anni di grande amicizia. Alessandro e la sua futura moglie, Elena Canidio, fanno parte a pieno titolo della famiglia Armani.

Armani, quel giorno, il sorriso, la stretta di mano, l’invito a fare il dj all’Armani Privé. «Milano, poco prima dell’apertura. Lavoravo in giro come selecter. Ovunque andassi portavo sempre con me vinili appena acquistati. Durante una mia serata, Armani e i suoi ospiti rimasero colpiti dai miei “set”, tanto che mi chiese personalmente se avessi voluto diventare il dj del nuovo “Armani Privé” di Milano. Quello l’iniziò di una nuova pagina professionale e una grande amicizia».


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ATTENTO AI DETTAGLI…

Cosa ti colpiva della sua personalità. «Nonostante fosse il personaggio più in vista della moda, dunque di un altro settore, prestava grande attenzione alle emozioni che scaturivano da musica e dischi. Prima di ogni serata, mentre facevo il soundcheck per controllare l’impianto audio, mi ritrovavo a passeggiare con lui nel “privé” ancora vuoto, discutendo di come poteva essere indirizzata la serata. E il giovedì, la serata-Armani era un insieme di vip: Maldini e Costacurta, Shevchenko del Milan, attori e cantanti di grido, Leonardo Di Caprio, Tom Cruise, Alicia Keys e tanti altri».

La musica che musica ascoltava il mito di generazioni dal Settanta in poi. «Persona riflessiva e profonda, estremamente attenta, rispettosa del lavoro. Spesso lo vedevo in consolle, anche quando aveva ospiti al suo tavolo: trovava sempre il momento per osservare il mio lavoro. Questo suo interesse per il lavoro mi ha sempre colpito: voleva comprendere fino in fondo ogni dettaglio di una qualsiasi attività».

 

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…E A BARRY WHITE

C’era una canzone che Re Giorgio preferiva di più. «“You are my first, my last, my everything” di Barry White. A volte me la chiedeva perché ascoltarla lo emozionava. Quando la selezionavo di proposito, notavo il suo sorriso, apprezzava l’attenzione nei suoi confronti». Si fidava completamente del suo lavoro. «Mai invadente, presuntuoso: quando faceva delle osservazioni le manifestava sempre con grande rispetto».

L’inaugurazione dell’Armani hotel, dell’Armani Privé Dubai e del Burj Khalifa. «Oltre al rapporto lavorativo, era nata una bellissima amicizia, cosa rara in questo ambiente. Spesso invitava me ed Elena, nei suoi luoghi preferiti: Broni, Pantelleria, Forte dei Marmi, Antigua; e fu proprio ad Antigua, dove possedeva una villa grandissima arroccata sugli scogli, durante il periodo di Pasqua, mi disse: “Guarda Alex, ci sarà l’inaugurazione dell’Armani Hotel a Dubai e del Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo, vorrei te come dj”. Una grandissima emozione: entravo a far parte di qualcosa destinato a rimanere nella storia. Per me, la sua stima e il suo riconoscimento professionale furono ancora più significativi dell’evento stesso».


A CARTE, LE MIGLIORI RISATE

Le cene con gli amici. «Il weekend solitamente lo trascorrevamo a Broni, nella sua splendida e lussuosa villa in provincia di Piacenza (Armani era nato lì, ndr). Io ed Elena eravamo suoi ospiti e quello che mi colpiva di più erano tranquillità e genuinità di quei momenti. Dalla colazione alla cena si vivevano situazioni semplici, familiari: un pranzo a Rivalta, per esempio, alla Locanda del Falco, il suo ristorante preferito, dove gustavamo piatti tipici piacentini. Aveva una passione per i piatti di ceci. Amava concludere il weekend con un film tutti insieme in una atmosfera familiare».

Le cene, nei week-end. «Si divertiva a giocare a carte. In queste occasioni emergeva il suo lato scherzoso, simpatico, un senso dell’umorismo fatto di battute argute. Era bello vederlo in quella veste, considerando che di solito era persona seria e composta».

Leo Dell’Orco, altra persona straordinaria. «Bello passare quei momenti anche con lui: simpatico, capace di rendere le serate ancora più divertenti. Durante queste cene, lo chef personale di Armani, Giuseppe, preparava piatti semplici, ma ricercati nella qualità dei prodotti, con un’attenzione particolare a ritrovare i gusti più cari al padrone di casa. Anche in questo aspetto, Armani era attento ai dettagli, dimostrando la sua passione per l’eccellenza in ogni cosa».


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AFFASCINATO DAI SOGNI

Cosa amava, cosa lo stupiva. «Amava circondarsi di veri amici, poi giovani brillanti, sorridere, ascoltare storie e vedere nei nostri occhi la visione che avevamo della vita e del futuro. Mostrava sempre una grande attenzione a ciò che raccontavamo e nei suoi sguardi e nelle sue parole si percepiva interesse e rispetto per le nostre opinioni e i nostri sogni. Era curioso, leggero, capace di scherzare ma anche di trasmettere calma e sicurezza. Il suo piacere era condividere quei momenti semplici, ma ricchi di significato, fatti di conversazioni, risate e attenzione reciproca».

La domanda che non ti aspetti. «Un giorno mi chiese cosa volessi fare da grande: fare il dj, per lui, era probabilmente un lavoro a breve termine. Me lo chiese ad Antigua, nelle Piccole Antille, quasi preoccupato. E io, d’istinto: “Voglio vivere di musica”. Sorpreso, mi sorrise».


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«TU ED ELENA, SPOSI!»

I tuoi armadi svuotati di tutto e riempiti solo di sue esclusive. «In realtà, Armani era anche uno che promuoveva la libertà d’espressione. Non eri obbligato ad indossare i suoi abiti. Ovviamente, nelle occasioni più importanti indossare un abito Armani era spontaneo, naturale: le sue creazioni riflettevano il gusto e l’eleganza che lui stesso rappresentava».

La notizia della sua scomparsa. La prima immagine che ti è venuta in mente. «Vivo da una vita a Milano, ma ero in vacanza proprio a Taranto, con mia moglie Elena e mio figlio Sebastian. Il mio pensiero è volato a lui e alla gratitudine che proviamo, io e mia moglie, nei suoi confronti per averci fatto sposare. Ancora Antigua, ancora dopo cena. Seduti a bordo piscina, le sue parole, il suo sorriso: “Da quanti anni state insieme tu ed Elena?”. E io: “Sette anni”. E lui, gentile ma anche determinato: “Ma è ora di sposarla! State insieme da tanto, state così bene, dovete sposarvi!”. Voleva ci sposassimo a Rivalta, vicino alla sua villa di Broni, e così facemmo l’anno successivo. In un momento così triste, la prima cosa che mi è venuta in mente è stato il fatto che fosse stato lui a volerci uniti. Guardando mia moglie, accanto a me, sulla riva del mare, a Taranto, e nostro figlio, ho sentito il cuore pieno di tristezza: ho alzato gli occhi al cielo per dirgli: “Grazie!”».

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