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“Sono Musa e non mi piacciono le cose a uecchjio… capì?”.

  • comunicazione283
  • 10 feb 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

«Ho 22 anni, ma nella vita ho fatto un sacco di cose capì? Non mi piace stare a uecchjio…». Musa miscela con stupefacente esperienza la sua lingua e il dialetto tarantino. Sorride spesso con aria sorniona, ma delicata: ha l’aria di chi ha ritrovato la serenità pur senza dimenticare il suo passato. Viene dal Gambia dove è scappato a causa della dittatura. Non ricorda il giorno in cui ha deciso di partire: i ricordi di un viaggio come il suo si affastellano confusamente e i contorni sono sempre meno nitidi. Eppure alcune cose restano scolpite nella mente. «Volevo andare in Senegal per trovare qualcosa di meglio – racconta sotto il cielo plumbeo di Modugno – in Gambia non avevo un lavoro fisso e speravo di poter costruire la mia vita ripartendo da zero. Ho iniziato a lavorare in un ristorante per qualche tempo poi ho fatto… langa langa… non so come si dice in italiano». Sorride e spiega che forse, la figura che più si avvicina è quella del bigliettaio di autobus che viaggiavano in tutto il Senegal».

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Una sistemazione che forse non era quella della vita. Dentro forse, sognava qualcosa in più. Un pensiero timido che rimaneva dentro. «È stato un amico a darmi il coraggio di andare il Libia. Ho accettato la sua proposta e ho messo i soldi da parte» L’esperienza in terra libica, però, si è rivelata un incubo. «Dopo la morte di Gheddafi, in Libia c’è il caos. Per quelli che riescono a trovare un lavoro, gli stipendi non sono una certezza. Anzi. Lavoravo per molte ore al giorno e spesso senza stipendio». I soldi che non c’erano, però, non erano forse la preoccupazione maggiore. «Ogni giorno lavoravo con altre persone col terrore di finire in fretta il lavoro perché se non finivi c’era il rischio che ti sparassero». Resta un attimo in silenzio, quasi a pesare un pensiero. «Sono stato anche in prigione sai? Mi hanno arrestato a uecchjio. La Libia, purtroppo, oggi funziona così». Il 9 giugno 2014 è arrivato in Italia, a Taranto. È stato prima in una casa famiglia e poi all’Abfo. «Avevo trovato lavoro in un maneggio, ma non riuscivo a studiare e così ho scelto lo studio: è importante conoscere la lingua se vuoi costruirti un futuro qui». Dopo l’Abfo si è spostato a Costruiamo Insieme: «sto benissimo: ho anche iniziato a lavorare e voglio fare del mio meglio. Cosa sogno? Eh… è una domanda importante: ho sempre sognato di fare commercialista, ma onestamente oggi mi interessa trovare il modo per vivere serenamente… capì?».

 
 
 

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